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Guarini, Pastor fido, vv. 1 ss.

 AMARILLI

Care selve beate,

e voi solinghi e taciturni orrori,

di riposo e di pace alberghi veri;

oh, quanto volentieri

a rivedervi i' torno! E se le stelle

m'avesser dato in sorte

di viver a me stessa e di far vita

conforme a le mie voglie,

i' già co' Campi Elisi,

fortunato giardin de' semidèi,

la vostr'ombra gentil non cangerei.

Ché, se ben dritto miro,

questi beni mortali

altro non son che mali.

Meno ha chi più n'abonda,

e posseduto è più che non possede:

ricchezze no, ma lacci

de l'altrui libertate.

Che val ne' più verdi anni

titolo di bellezza

o fama d'onestate,

e 'n mortal sangue nobiltà celeste;

tante grazie del cielo e de la terra:

qui larghi e lieti campi,

e là felici piagge,

fecondi paschi e più fecondo armento,

se 'n tanti beni il cor non è contento?

Felice *pastorella*,

cui cinge a pena il fianco

povera sì, ma schietta

e candida gonnella,

ricca sol di se stessa

e de le grazie di natura adorna;

che 'n dolce povertade

né povertà conosce né i disagi

de le ricchezze sente;

ma tutto quel possede,

per cui desio d'aver non la tormenta,

nuda sì, ma contenta!

Co' doni di natura

i doni di natura anco nudrìca;

col latte il latte avviva;

e col dolce de l'api

condisce il mèl de le natie dolcezze.

Quel fonte ond'ella beve,

quel solo anco la bagna e la consiglia;

paga lei, pago il mondo.

Per lei di nembi il ciel s'oscura indarno

e di grandine s'arma,

ché la sua povertà nulla paventa:

nuda sì, ma contenta.

Sola una dolce e d'ogn'affanno sgombra

cura le sta nel core:

pasce le verdi erbette

la greggia a lei commessa, ed ella pasce

de' suo' begli occhi il pastorello amante,

non qual le destinâro

o gli uomini o le stelle,

ma qual le diede Amore.

 

 

 

Nell'immagine: l'inizio del secondo atto del Pastor fido nell'edizione bodoniana del 1793.

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