"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI)

"La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)

 

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2012-2

 




Siamo sempre sorpresi del modo con cui Benedetto XVI osserva l’antichità pagana. Sorpresi e commossi: perché è una valorizzazione dell’umano che conferma e sostiene quanto da tanti anni ormai stiamo cercando di fare, con la rivista e in ogni altro ambito di lavoro e di espressione, individuando con attenzione e rispetto ogni domanda, ogni tentativo di risposta, ogni frammento di desiderio che gli antichi hanno espresso. Non è facile incontrare una così cordiale sintonia: c’è sempre il rischio di una lettura riduttiva dell’antico, politica o sociologica o intellettualistica o estetizzante o semplicemente curiosa; oppure, su altro versante, il rischio di una sua svalutazione, quasi che la ricchezza di intuizioni e di tentativi “a tentoni” dei pagani mettesse a rischio l’importanza e l’unicità dell’annuncio cristiano.

Nelle opere di Benedetto XVI troviamo in realtà qualcosa di più della valorizzazione dell’umano: troviamo una vigorosa e insistita concezione di un’attesa chiaramente espressa, di una preparazione della “pienezza del tempo”: come se l’attesa confermasse la verità della venuta, e la preparazione servisse a rendere più accessibile l’annuncio.

L’importanza storica della scoperta del valore della ragione, nella concezione greca di logos, ci ha colpiti fin dal discorso del Papa a Ratisbona (12 settembre 2006):

Oggi noi sappiamo che la traduzione greca dell’Antico Testamento, realizzata in Alessandria – la “Settanta” –, è più di una semplice (da valutare forse in modo poco positivo) traduzione del testo ebraico: è infatti una testimonianza testuale a se stante e uno specifico importante passo della storia della Rivelazione, nel quale si è realizzato questo incontro in un modo che per la nascita del cristianesimo e la sua divulgazione ha avuto un significato decisivo. Nel profondo, vi si tratta dell’incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione.

Così nei primi due libri di Gesù di Nazaret la valorizzazione dei miti e della filosofia:

Il mistero della passione del pane l’ha, per così dire, aspettato, si è proteso verso di Lui, e i miti hanno aspettato Lui, in cui il desiderio è diventato realtà (I, p. 316);

Essi (sc. i Greci) vedranno la sua “gloria”: nel Gesù crocifisso troveranno il vero Dio, di cui nei loro miti e nella loro filosofia erano alla ricerca (II, p. 30).

Nel libro sull’infanzia di Gesù da poco uscito c’è una straordinaria lettura della IV ecloga. Il significato profetico del testo virgiliano, da sempre oggetto di stupore e riflessione, s’incentra per il Papa nell’espressione ab integro. Chiaramente gli è nota la concezione del ciclo degli eoni, della grande svolta attesa con l’impero di Augusto: ma ab integro non viene interpretato come “di nuovo, da capo” secondo l’idea tradizionale, ma in riferimento alla verginità di Maria.

Viene annunciato l’avvento di un nuovo grande ordine del mondo a partire da ciò che è “integro”… Di questa atmosfera di attesa della novità fa parte anche la figura della vergine, immagine della purezza, dell’integrità, della partenza “ab integro”. E ne fa parte l’attesa del bambino, del “germoglio divino”.

L’inconoscibilità dell’identità del puer è messa in relazione con l’inconoscibilità dell’identità del bambino di Isaia 7, 14: il profeta e il poeta sono quasi equiparati. Le loro sono immagini primordiali della speranza umana, che emergono in momenti di crisi e di attesa (pagg. 66-67).

Con uguale chiarezza e con precisa distinzione, Benedetto XVI si pone nella storia semantica di parole greche e latine fra paganesimo e cristianesimo: pensiamo alla parola evangelium / εὐαγγέλιον analizzata in un breve excursus storico nel discorso d’apertura del Sinodo (7 ottobre 2012); nello stesso contesto l’analisi linguistica ed esegetica delle parole professio e confessio, un confronto di grande importanza e interesse. Altrettanto interessante nel medesimo discorso l’accenno, ripreso in modo più ampio nell’ultimo Gesù di Nazaret, all’epigrafe di Priene: la soteriologia augustea contrapposta alla salvezza portata dalla nascita di Cristo.

E’ una questione di metodo: il Papa coglie con estrema libertà preveggenza e opposizione, profondità d’attesa e inadeguatezza di risposte. Una libertà che dobbiamo continuamente imparare.




 

 

 

      

 

 

 

 

 

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