2008-2. Editoriale.
 

 

 

 

"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI)

"La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)

 

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2008-2

 

Prudenza esige che si esamini con attenzione il procedere del Ministero, senza i toni esagitati degli ultimi mesi. In altra sede abbiamo avuto modo di farci sentire non solo presso il Ministro, ma anche presso la presidenza e la segreteria delle due commissioni che si occupano della scuola (la VII del Senato e la VII della Camera); insieme ad altre organizzazioni abbiamo fatto altri passi in questo senso. Qui ci preme solo puntualizzare alcuni aspetti, i più strettamente connessi con gli studi classici.

La preoccupazione che ci ha mosso ormai da molti decenni, e che ha mosso la nostra rivista per più di venticinque anni, è stata la permanenza della cultura antica, greco-romana-cristiana, nella società attuale. Non è mai stata la nostra una posizione nostalgica, classicistica, antistorica, e neppure una difesa della categoria o dei posti di lavoro (non che anche questo non sia importante): è stata invece la consapevolezza, sempre viva e certa, che se perdevamo quella memoria eravamo tutti più poveri, più superficiali, più alla mercé di ogni ideologia, di ogni slogan, di ogni signore del potere politico o finanziario.

Il mondo antico ha una profonda valenza educativa: diciamolo con chiarezza e con forza. E’ tempo anche di dirci chiaramente che ogni motivazione per lo studio dell’antico ha la sua validità pedagogica: lo studio linguistico apre la mente, insegna a ragionare, insegna la logica, aiuta a comprendere meglio l’italiano e le altre lingue su cui il latino e il greco hanno avuto influenza o con cui hanno avuto contatto; la “versione” insegna l’analisi e la sintesi, l’osservazione del particolare nell’insieme; più al fondo abitua all’attenzione agli usi linguistici e stilistici e alle sfumature lessicali, educa al rispetto dell’autore ma anche alla libertà e al gusto delle scelte di traduzione; lo studio della storia come fatti, istituzioni, pensiero politico e filosofico dà la consapevolezza del formarsi di una civiltà cui apparteniamo, nella sua grandezza e nei suoi limiti; la lettura degli autori, come l’osservazione delle opere d’arte, pone di fronte a personalità grandi nelle domande e nei tentativi di risposta, affascinanti per bellezza, archetipi della letteratura e dell’arte di tutti i tempi.

E’ chiaro che per ciascuno di noi, e per la storia degli studi classici, hanno via via prevalso l’una o l’altra di queste motivazioni, anche con rischi di squilibrio (ad esempio forzando l’importanza dell’insegnamento linguistico sganciato dai testi, o della versione a cui viene finalizzata la scelta dei testi in lingua, o della letteratura basata più sulla critica che sulla lettura di testi, o sullo studio in traduzione degli autori piuttosto che in originale, ecc.). Su queste valutazioni ci siamo più volte soffermati. Ma ora ci sembra più importante sottolineare la ricchezza di ogni motivazione, che anche quando è riduttiva è pur sempre vera: può essere discutibile e strumentale studiare il latino per imparare l’italiano, o la logica, o l’analisi, ma sicuramente se si studia il latino o il greco si imparano meglio la propria lingua, la logica e l’analisi, come effetto anche se non necessariamente come scopo.

E’ bene dunque insistere per un posto ampio e dignitoso nella scuola secondaria superiore riformata. Allo stato attuale le proposte di quadro orario per i licei classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane sembrano soddisfacenti: la temuta riduzione delle nostre materie, addirittura l’abolizione del latino allo scientifico, non sono ora come ora in programma. Speriamo che nell’anno di rinvio non ci si orienti diversamente (molti nodi saranno duri da sciogliere, come la riduzione dell’inglese rispetto alle sperimentazioni del classico e la collocazione di scienze anche al biennio con conseguente aumento di classi per docente). Invitiamo tutti all’attenzione vigilante.

Nel frattempo abbiamo motivi di rallegrarci. Gli interventi di Papa Benedetto XVI danno spazio e respiro all’apporto del mondo pagano per la formazione della societas occidentale: sia il discorso di Ratisbona (12/09/06) sia quello al Collège des Bernardins a Parigi (15/09/08) ci hanno aperto il cuore, il primo rilevando l’importanza dell’idea greca di logos come praeparatio evangelica, il secondo affermando come dato essenziale del primo medioevo quel quaerere, il cui equivalente greco avevamo scelto come titolo della rivista e senso dei nostri studi.

In questi mesi, inoltre, chi scrive ha avuto modo di mettere in gioco un aspetto importante della civiltà greca, il teatro ateniese, in un corso tenuto ad una Università della Terza Età: i corsisti, di formazione culturale molto varia, sono rimasti affascinati dalla scoperta non tanto e non solo di generi letterari, spesso già noti attraverso spettacoli teatrali, ma di un mondo di pensiero, problematiche, esperienze umane e bellezza di cui hanno rilevato con crescente sorpresa l’attualità e la diversità insieme, la profondità e la ricchezza.

Infine proseguiamo in questo numero il progetto già iniziato nel precedente di pubblicare contributi di giovanissimi studiosi, segno della permanenza di interesse e creatività.

 

      

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