"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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1993-1
“Zeus,
quale mai sia il tuo nome, se con questo ti piace essere chiamato, con
questo ti invoco. Né certo ad altri posso pensare, nessun altro all’infuori
di te riconoscere, se veramente questo peso vano dall’anima voglio
scacciare...”: è difficile pensare ad un testo dell’antichità classica, ad
un testo di tutti i tempi paragonabile alla parodo dell’Agamennone.
Nel pregnante linguaggio poetico di Eschilo troviamo espresse intuizioni
religiose di una profondità stupefacente: l’unicità di quel Dio che ancora
si chiama Zeus affermata in una preghiera che ricorda l’Antico Testamento;
la punizione intesa come dono divino, come pedagogia per l’uomo; il libero
arbitrio proclamato attraverso il drammatico mito della scelta in cui
Agamennone si dibatte. Per molti di noi, insegnanti al triennio del
classico, la lettura in classe di questo testo (seppure in traduzione,
meglio se col testo a fronte) costituisce uno dei momenti fondamentali del
cammino culturale ed educativo proposto ai ragazzi. Eppure la più diffusa
delle antologie della letteratura greca, Scrittori di Grecia, curata
da G.Rosati per l’editrice Sansoni, è uscita in una nuova edizione
ampiamente reclamizzata, ampliata, comprendente testimonianze antiche e
pagine critiche, il cui spazio è stato ricavato sopprimendo (senza che sia
in nessun modo segnalato!) alcuni passi, fra cui, appunto, la parodo dell’Agamennone.
Si tratta di una gaffe difficilmente comprensibile non diciamo in uno
studioso come Rosati ( si sa purtroppo quanto conti la volontà della
redazione rispetto all’autore), ma anche solo in una persona che abbia vaghi
ricordi scolastici: Eschilo è inevitabilmente associato al páthei máthos.
Ma non è solo una gaffe. Da alcuni anni andiamo rilevando sulla rivista, soprattutto nella rubrica Recensioni che è il nostro ambito più critico, la direzione verso cui muove tutta l’editoria scolastica, uscita dall’immobilismo in cui si era autocostretta nell’attesa della riforma. Sempre meno spazio, sempre meno importanza viene data alla voce degli autori, alla loro umanità, al loro sforzo di comunicare, di vivere nel nostro ricordo; i pochi testi che sopravvivono nelle antologie e nelle raccolte di classici sono sommersi in una folla di apparati d’ogni genere, in un accumulo di spiegazioni: la possibilità per l’insegnante di scegliere e per lo studente d’incontrare ‘faccia a faccia’ l’autore è sempre più ristretta. Ci diceva un rappresentante, ripetendo con orgoglio uno slogan pensato da chissà chi in redazione: “Abbiamo sostituito alla quantità la qualità”: ma la quantità riguardava i passi d’autore, la qualità (seppure è sempre qualità, cosa da dimostrarsi) riguarda l’apparato di note e appendici: dunque, come già si diceva in un precedente numero, si sta passando da testi di autori a testi sugli autori.
S’intende, quindi, come anche i libri più vecchi si siano adeguati e aggiornati, inserendo quel qualche cosa di più che attira le adozioni. Possiamo anche capire che abbiano sacrificato alcune pagine per far spazio alle nuove rubriche, benchè non sia accettabile la scorrettezza di non segnalare i tagli fatti. Ma la soppressione proprio della parodo dell’Agamennone fra i non molti altri passi eliminati (e per lo meno va segnalato anche il discorso tripolitico di Erodoto: la prima riflessione politica della letteratura occidentale, la prima individuazione delle possibili forme di governo) intimorisce: è il segno di un’incuria, di un procedere grossolano, a casaccio; di un’incultura presuntuosa; o forse di una volontaria censura?
Chi lavora nell’editoria sa come è difficile andare contro corrente, scontrandosi con le leggi di mercato e gli schemi redazionali; è inoltre evidente l’interazione fra editrici e insegnanti, per cui la responsabilità dei libri di testo attuali è in gran parte nostra. Occorre pertanto essere vigilanti, sia nel rapporto con gli editori, per chi ha la possibilità di intervenire operativamente, sia nei colloqui coi rappresentanti, che sono un’importante cassa di risonanza, sia nelle adozioni, sia nell’uso dei testi: riprendiamoci la nostra originalità.
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