"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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1990-1
Continua, in forme più o meno sfumate, la guerra contro i
licei in generale e contro il liceo classico in particolare. In tutte le
guerre vi sono battaglie combattute a viso aperto e vi sono manovre subdole
volte a indebolire il nemico e condotte coi mezzi più disparati o perpetrate
magari per mezzo di agenti infiltrati. In questa guerra (tutta particolare,
dal momento che pochi hanno il coraggio di ammettere apertamente il fastidio
per una scuola troppo lontana da un certo schema mentale) sembra prevalere
nettamente la seconda possibilità. A quest’ultima categoria appartiene
sicuramente il recente provvedimento che minaccia di cancellare da un
momento all’altro l’esistenza di numerosi licei di provincia, taluni dei
quali ricchi magari di tradizioni culturali prestigiose, illustrati
dall’insegnamento di personalità famose che vi hanno fatto il loro tirocinio
didattico prima di approdare a traguardi più elevati, forniti di biblioteche
nelle quali si sono accumulati in vari decenni testi di prim’ordine. Notiamo
che nessuna personalità politica o funzionario del ministero ha mai fatto
dichiarazioni di aperta ostilità nei confronti dei licei: eppure non
possiamo nascondere l’impressione che per qualcuno di loro il vero scopo
dell'operare in senso riformista sia, al fondo di tutto, proprio questo. ln
questo senso gravissima preoccupazione ci viene dalla lettura di una lettera
pubblicata su "il Giornale" del 18 giugno, in cui un preside (pare, ahimè,
di liceo classico) formula una serie di critiche nei confronti di questo
tipo di scuola: si tratterebbe di una scuola di pura trasmissione (questa
l’avevamo sentita già nel ‘68: mancava scrivesse di pura trasmissione della
cultura dei padroni o della classe borghese), di una scuola in cui insegna
un corpo docente tutto particolare (il che è molto spesso vero, ma nel senso
del tutto positivo di una coscienza professionale assai più profonda di
quanto avvenga in altre scuole), senza sperimentazioni o con sperimentazioni
accettate obtorto collo e con molta nostalgia per I'ordinamento
passato, senza materie importanti quali il diritto e l’economia. Tutte cose
che, dette nel 1970, avrebbero meritato un sereno dibattito: dette nel 1990
sanno tanto di stantio, di déjà vu, e non si riesce a capire fino a
quale punto arriva l’ingenuità e da quale punto comincia la mala fede:
aggiungiamo anche che l’ingenuità non dovrebbe essere compresa tra le
prerogative professionali di un preside. Detto questo, non stiamo a
ribattere delle tesi che non meritano replica: ricordiamo solo che sono
proprio i diplomati del liceo classico gli studenti che ottengono poi i voti
migliori anche nelle facoltà di giurisprudenza e di economia, e che proprio
tra i diplomati del vecchio e superato liceo classico si ha all’università
il minimo di “morta|ità scolastica” anche nelle facoltà scientifiche: il che
ci sembra constatazione definitiva.
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