Documenti sulla religiosità degli antichi
 

 

 

 

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"La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)

 

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Documenti sulla religiosità degli antichi

Presentiamo qui documenti di religiosità antica che ci sembrano particolarmente significative, insieme col discorso pronunziato sull’Areopago da S. Paolo, che richiama il grande sentimento religioso degli Ateniesi. Una più ampia antologia di documenti sulla religiosità degli antichi, e in particolare una raccolta di preghiere pagane, si potrà trovare nel libro Al Dio ignoto, Preghiere degli antichi, a cura di Laura Cioni, Giulia Regoliosi Morani, Paola Tamburini, edito da Rizzoli (nella collana "i libri dello spirito cristiano", diretta da don Luigi Giussani).

Simonide, fr. 38 P.

 Danae è stata rinchiusa da suo padre in una cassa di legno gettata in mare insieme al figlioletto concepito da Zeus, per il timore che si avverasse un vaticinio funesto. La condizione in cui si trovano madre e figlio non lascia sperare in alcuna possibilità di salvezza. La tempesta infuria intorno a loro. Contemplando la serenità inconsapevole del sonno del bambino e temendo per la sua sorte, Danae rivolge a Zeus una preghiera. Chiede che il bambino continui a dormire e si addormentino anche il mare e il vento. Ma soprattutto invoca un mutamento nella volontà del dio, richiesta inconcepibile Per la cultura greca, che subisce it volere divino come un fato inesorabile. Infatti Danae, consapevole della sua audacia, subito dopo aggiunge, quasi a mitigarne 1'eccesso: "Se è troppo ardita la mia domanda, perdonami".

Quando nell'arca finemente lavorata il soffiare del vento e 1'agitarsi del mare la gettavano nel terrore, con le guance inondate di lacrime, ponendo la sua mano sopra Perseo in atto di protezione diceva: "O figlio, in quale difficoltà mi trovo; tu dormi il sonno tranquillo del bambino, adagiato in questa orribile cassa di legno dalle borchie di bronzo luccicanti nella nera notte, avvolto dall'oscurità violacea; non ti preoccupi dell'onda che si avventa spumeggiando sopra il tuo capo, né del fragore del vento, e il tuo bel viso è coperto da un drappo purpureo. Se però per te fosse terribile ciò che è terribile, tu presteresti ascolto alle mie parole. Dormi bambino, dorma il mare, dorma lo smisurato male; ma, se è possibile, un cambiamento venga da te, padre Zeus; se io ardisco pregare con una parola audace o che non conosce giustizia, tu perdonami.

Nell'immagine: Danae col figlioletto Perseo stanno per essere collocati nella "cassa di legno dalle borchie di bronzo", per ordine di Acrisio, che con espressione inflessibile ordina di mettere in mare i due. Particolare da un vaso attico (lékythos) a figure rosse (circa 470-450 a.c.) conservato al Museum of Arts di Toledo (Ohio, Stati Uniti).

(Testo greco)

Eschilo, Agamennone vv. 160-183

Questa preghiera è inserita nel primo brano corale dell’Agamennone, un ampio angosciato racconto di colpe passate e di presagi funesti. II coro interrompe bruscamente la sua narrazione per pregare Zeus, che non è qui solo il primo fra gli dèi, ma, con una visione che sfiora il monoteismo, un essere unico e incommensurabile, a cui viene dato per ossequio il nome tradizionale. Non la grandezza e la potenza gli vengono chieste, e neppure la liberazione dal dolore, ma dall'inutilità del dolore. Solo Zeus sa far capire che il dolore redime e dona saggezza, dando così un senso non disperante pure al peccato e alla punizione, È un dono (cháris, la parola cristiana per ‘grazia’), anche se gravoso.

CORO

Zeus, chiunque mai sia, se con questo nome a lui è caro essere invocato, con questo lo invoco. Non ho nulla da paragonargli, pur ponderando ogni cosa, al di fuori di Zeus, se veramente il vano peso dell'angoscia voglio gettare.

Neppure chi prima era stato grande, traboccante d'ardire gagliardo, neppure più si dirà che è esistito; e chi venne poi, se ne va dopo essersi imbattuto in uno più forte di lui. Ma chi volentieri intona epinici a Zeus otterrà 1'interezza del senno, lui che ha condotto 1'uomo a essere saggio, stabilendo che avesse valore 1'apprendere attraverso la sofferenza.

Stilla nel sonno dinanzi al cuore 1'angoscia memore del suo male: e anche presso quelli che non vogliono giunge il momento di capire: dono violento degli dèi che seggono sul trono maestoso.

(Testo greco)

Il discorso di Paolo agli Ateniesi

NT, Atti, 17, 22-31

Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse: "Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dá  a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana. Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".


(Testo greco e traduzione latina Vulgata)

 

 

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