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“Le Troiane” di Euripide

Teatro Carcano, Milano

Regia di M. Bernardi

 

 di Sarah Abd El Karim Hassan e Lavinia Testi

 

Rappresentata nel 415 a.C. all’indomani di un efferato massacro della città di Milo da parte di Atene, Le Troiane porta in scena la guerra vista attraverso gli occhi degli sconfitti.

La tragedia è un grande compianto funebre sull’orribile destino degli uomini in guerra, che patiscono mali e dolori per ragioni futili e insensate e lo stesso Euripide vuole sottolineare l’insensatezza della guerra che è distruzione e sofferenza non solo per i vinti ma è degradante e “disumanizzante“ per gli stessi vincitori.

Ecuba, Andromanca, Cassandra e le altre donne troiane ci fanno vivere il dramma delle prigioniere in attesa di conoscere il loro destino di schiave, che con pianti e lamenti strazianti ci rendono partecipi della perdita di figli, mariti e di tutto ciò che avevano di più caro.

I Greci Taltibio e Menelao sono gli unici uomini in scena e mossi da crudeltà e cinismo non esitano ad uccidere barbaramente il piccolo Astianatte ( figlio di Andromaca ed Ettore) mostrando il loro “accecamento” e la definitiva perdita di qualsiasi parametro di giustizia, pietà e umanità.

A distanza di oltre due millenni “ le Troiane” è una tragedia che mantiene intatta la sua forza dirompente, la sua denuncia urlata e ancora attualissima della guerra, di tutte le guerre. Per questo, nella rappresentazione dell’opera al teatro Carcano di Milano il regista Marco Bernardi, ha scelto di inserirvi squarci della nostra contemporaneità proiettando sullo sfondo del palco immagini dei giorni nostri di forte impatto emotivo. La sofferenza del piccolo Astianatte nel momento della morte viene paragonata al patimento di un bambino del terzo mondo che denutrito e smunto sta riverso morente nel fango; per ricreare la devastante fine di Troia data alle fiamme vengono proiettate immagini dei danni provocati dalle bombe nucleari a Hiroshima e Nagasaki. Il fatto stesso di poter assistere agli eventi in modo così diretto e nuovo coinvolge ed incuriosisce lo spettatore e per qualche istante la tragedia delle donne troiane viene attualizzata nei nostri fatti di cronaca.

In questa rappresentazione la figura femminile assume un ruolo centrale ed è unificata nel personaggio di Ecuba , presente dall’inizio alla fine proponendosi come eroina della solidarietà e della sopportazione femminile. È difficile per lo spettatore restare impassibile di fronte a figure femminili così patetiche ed impetuose; basti pensare al delirio di Cassandra enfatico e passionale, che prelude una nudità piena di fragilità e paure, oppure alla bellissima e manipolatrice Elena, che pur presentandosi con tacchi spillo e costosi occhiali da sole, non sarà in grado di salvare se stessa dalle spietate critiche delle donne troiane ridotte ormai come stracci e alla volontà di Menelao che dopo titubanti ripensamenti verrà definitivamente persuaso ad ucciderla.

 

In tutta la tragedia c’è un continuo interrogarsi sul tema del divino e del destino; la regina Ecuba soprattutto, si domanda il perché di un capovolgimento della sorte così insensato e improvviso, ma i suoi interrogativi celati dal pianto non sembrano ricevere risposta se non da dèi presenti all’inizio e alla fine della rappresentazione ineffabili e capricciosi, vendicativi ed inquieti.

Infine vorremmo dunque consigliare la visione dello spettacolo poiché nonostante tratti una vicenda lontana dal nostro mondo è stata attualizzata dal regista riuscendo a far entrare lo spettatore nella dimensione delle stesse troiane.

 

 

 

 

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