L’inaugurazione della statua di Herder ebbe luogo a Weimar nel 1850, e in quel giorno la rappresentazione teatrale fu consacrata in modo particolare al ricordo di questo poeta-pensatore. Tra tutte le sue cantate e poesie quasi drammatiche, avevamo scelto il Prometheo liberato, una delle opere di questo genere in cui meglio si traduce quello che c’era di più pure e di più generoso nei sentimenti di colui che fu chiamato l’apostolo dell’Umanità, – per adattarvi qualche brano di canto, dal momento che quest’opera era stata originariamente destinata a essere messa in musica. Oltre la presente partitura qui ha servito da ouverture, noi ne avevamo composto i cori, che ci riserviamo di collegare più tardi in un insieme, d’esecuzione plus usuale nei teatri o nei concerti di quella che ebbe luogo allora, o, per non toccare nulla del pensiero e dell’opera dell’illustre filosofo, il suo testo fu declamato nella sua integrità, per quanto ciò fosse poco appropriato rispetto alle nostre abitudini drammatiche attuali.
Il mito di Prometeo è pieno di idee misteriose, di tradizioni vaghe, di speranze altrettanto nude di corpi quanto vivaci di sentimenti. Interpretato in più di un modo dalle dotte e poetiche esegesi de crdenze e di negazioni tanto convinte quanto in conflitto fra loro, esso ha sempre parlato all’immaginazione emozionata dalle segrete concordanze di questo racconto simbolico coi nostri istinti più opinabili, coi nostri dolori più aspri, coi nostri presentimenti più dolci. I marmi antichi ci mostrano quanto esso preoccupasse il sognare inquieto dell’arte greca; il frammento di Eschilo ci prova che la poesia vi trovava un profondo soggetto di meditazione. Noi non abbiamo dovuto scegliere tra le infinite glosse accumulate attorno ai suoi sublimi monumenti, né creare une nuova variante di questa antica leggenda, così imparentata a ricordi antiche e confusi, a speranze eterne e perennemente giovani. Alla musica basta assimilare a sé i sentimenti che, in tutte le forme successivamente imposte a questo mito, ne hanno fatto il fondo e quasi l’anima: Audacia, Sofferenza, Resistenza, e Salvezza: aspirazione ardita verso i più alti destini che lo spirito umano possa affrontare; attività creatrice, bisogno di espansione … dolori espiatori che portano all’incessante rodersi dei nostri organi vitali, senza annientarci; condanna a un duro incatenamento sulle più aride spiagge del nostro della nostra natura: grida di angoscia e lacrime di sangue ... ma la consapevolezza inammissibile d’una grandezza naturale, di una futura liberazione; fede tacita in un liberatore, che solleverà il prigioniero a lungo torturati nelle plaghe ultramondane dalle quali ha sottratto la scintilla luminosa ... e, infine, il completamento dell’opera di misericordia, quando v iene il grande giorno! Disgrazia e gloria! così sintetizzato, il pensiero fondamentale di questa favola troppo veritiera si non si prestava che a un'espressione tempestosa, folgorante potremmo dire. Una desolazione che trionfa attraverso la perseveranza dell'energia altera forma il carattere musicale di questo dato.