Poesia latina della decadenza (I)
Nuova Secondaria, 15 aprile 1995, pag. 66
Non usa più, nei manuali attualmente in circolazione, dividere lo
svolgimento della letteratura latina in età dai colori via via più
spenti e di materiale sempre meno pregiato (aurea, argentea, bronzea,
ferrea), che suggeriscono, se non un minor vigore dello spirito umano in
determinate epoche, quanto meno una minore propensione a dedicarsi agli
studi letterari quando contingenti situazioni storiche e culturali
portano a coltivare attività diverse dalla letteratura e dal pensiero.
Ma anche se la classificazione tradizionale è stata abbandonata, ne
rimangono, quanto meno nell'inconscio collettivo, le tracce: alcune
epoche sono considerate senz'altro superiori ad altre (e non è un
giudizio basato sulla produttività, che sarebbe legittimato se non altro
da ragioni statistiche, ma proprio sul valore): le epoche considerate
meno nobili sono anche, per diretta conseguenza, meno degne di interesse
e di studio. Chi ha esperienza di esami di maturità sa che, nelle classi
terminali, difficilmente ci si può aspettare uno studio letterario che
oltrepassi cronologicamente Tacito: in casi rari e fortunati si arriva
fino ad Apuleio, che rimane nella gran maggioranza dei casi il limite
estremo e invalicabile: in parte obiettive ragioni di tempo, in parte un
giudizio sommario di condanna porta ad eliminare ciò che viene dopo: e
poco importa che i secoli successivi annoverino personaggi come Ambrogio
o Agostino. Occorre aggiungere che spesso anche l'insegnamento della
filosofia è condotto in modo da arrivare al termine del primo anno alle
scuole ellenistiche e da riprendere al secondo anno col Rinascimento: il
risultato è che, mentre lo studio della storia fa emergere una
continuità ininterrotta, lo studio della cultura letteraria e del
pensiero presentano uno iato lungo un millennio, e proprio quel
millennio che determina la storia e la cultura dell'Europa odierna.
A fare le spese di questo è in particolar modo la poesia. L'approccio ai
prosatori è consentito anche per vie diverse da quelle dell'"ora di
letteratura": attraverso le versioni o le verifiche linguistiche, per
esempio. Inoltre la poesia è sottoposta ad un'azione di censura più
radicale: alla prosa si riconosce quanto meno l'interesse di una
testimonianza culturale che consiglia l'esame dei testi: per la poesia
un argomento del genere non sarebbe valido: non per nulla mostrano
maggior resistenza quei testi di poesia che per contenuto e stile si
avvicinano maggiormente alla prosa e quindi vengono letti non in grazia
del loro valore poetico bensì per motivi schiettamente contenutistici (è
il caso di Persio e Giovenale, per fare dei nomi). Come conseguenza di
tutto questo, chi esce dal liceo ha l'impressione che fra l'età augustea
e la scuola siciliana non vi sia alcun testo poetico degno di lettura.
La fragilità di una simile impostazione balza agli occhi. Non vorremmo
però nemmeno che si arrivasse a un capovolgimento della situazione, con
un appiattimento che costituirebbe l'esatto opposto di una svalutazione
generalizzata e irragionevole e darebbe adito ad un errore esattamente
antitetico al precedente, ma altrettanto grave. Altro è Virgilio, altro
è Silio Italico: nessuna persona dotata di buon senso penserebbe di
sostituire il primo col secondo. Vorremmo solo che alla poesia della
latinità imperiale, tarda e medievale venisse accordata un'attenzione
almeno pari a quella di cui godono tanti minori o minimi della
letteratura italiana, che pure trovano spazio nell'insegnamento
letterario.
Poiché conosciamo i condizionamenti e le limitazioni a cui è soggetto lo
studio della letteratura nel triennio, suggeriremo qui una traccia di
lavoro facilmente percorribile che utilizza strumenti molto semplici e
di facile reperimento.
La Collezione di poesia dell'editore Einaudi contiene una breve
antologia, curata da Carlo Carena, intitolata Poeti latini della
decadenza (Torino 1988): gli autori compresi vanno dal secondo
secolo (e precisamente dall'età di Adriano: i poëtae novelli si
propongono come momento di rottura di una continuità culturale) fino al
quinto: l'ultimo autore rappresentato è Draconzio, con cui "si può ben
chiudere il capitolo della poesia latina pagana e interrompere il suo
crepuscolo" (pag. XVI). In quasi ideale continuità con questa breve
antologia si può considerare la recente raccolta Poesia latina
medievale, curata da Gianna Gardenal (con la collaborazione di
studiosi illustri) ed uscita nella collana Oscar Mondadori classici
(Milano 1993). Gli autori raccolti spaziano da Paolo Diacono (VIII
secolo) fino a Jacopone da Todi (morto nel 1306): giungiamo così fino a
un periodo in cui il sopravvento della poesia in volgare è ormai
solidamente affermato, e lo studio della letteratura latina si salda con
lo studio della letteratura italiana. Entrambi i testi si prestano in
modo favorevole a un'utilizzazione didattica: la scelta privilegia in
entrambi passi brevi e di senso compiuto, le traduzioni a fronte hanno
una loro densità letteraria che ne rende più gradevole la lettura e in
entrambi si trova quell'insieme di notizie introduttive e di note che
agevolano l'affronto del testo senza eccessivi appesantimenti. Il
carattere delle due antologie rende possibile l'individuazione di alcune
piste di lettura che, una volta presentate attraverso una breve
esemplificazione, si potranno poi affidare agli allievi per un
completamento e un eventuale approfondimento nella lettura domestica.
Esamineremo in prossimi interventi alcuni di questi possibili percorsi.
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