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Capitolo terzo

 (1) Ricordiamo i momenti che precedono l’“otricidio” (II, 31-32): Post haec, monitu famuli mei qui noctis admonebat, iam et ipse crapula distentus, protinus exsurgo et, appellata propere Byrrena, titubante vestigio domuitionem capesso. Sed, cum primam plateam invadimus,vento repentino lumen quo nitebamur extinguitur, ut, vix improvidae noctis caligine liberati, ... hospitium defessi rediremus.... Ed ecco la fine dell’episodio nel racconto rivelatore che Fotide fa a Lucio (IV, 18): Cum ecce, crapula madens et improvidae noctis deceptus caligine, audacter mucrone destricto in insani modum Aiacis armatus, non ut ille vivis pecoribus infestus tota laniavit armenta, sed longe fortius quidem tres inflatos caprinos utres exanimasti...

(2) Quando il romanzo termina, hanno fine anche le metamorfosi. Infatti in XI, 30 la divinit si manifesta a Lucio nel suo vero aspetto: Osiris non in alienam quampiam personam reformatus, sed coram illo suo venerando me dignatus adfamine per quietem praecipere visus est.

 (3) Platone Respublica VIi 516 b. Cfr. anche N. Fick Art et Mystique dans les Metamorphoses d’Apulée, op. cit., p. 282. La studiosa per non distingue tra l’accecamento di Lucio, dovuto totalmente alla tenebra – l’unica luce quella ingannevole di Fotide – e quello di Psiche, che possiamo giustamente chiamare accecamento luminoso.

 (4) Non per nulla Apuleio è philosophus Platonicus.

 (5) Si veda R.G. Peden The statues in Apuleius’s Metamorphosis 2,4, in «Phoenix», 39, 1985, pp. 15-18.

 (6) Si veda per un confronto tra le sorti di Lucio e quelle di Atteone N. Fick. op. cit., p. 289.

(7) S. Lancel Curiositas et préoccupations spirituelles chez Apulée in RHR, 160, 1961 pp. 31 e segg.

(8) Si veda I, 2 Immo vero – inquam – impertite sermonis non quidem curiosum, sed qui velim scire vel cuncta vel certe plurima e anche II, 1 ...anxius alioquin et nimis cupidus cognoscemdi quae rara miraque sunt..., per finire con III, 19 Sum namque coram magiae noscendae ardentissimus cupitor...

(9) Per il rapporto magia-amore si veda G.N. Sandy, Serviles voluptates in «Phoenix», 2, 1974, p. 237 nota 8.

(10) Cf. G.N. Sandy, ibidem, p. 240.

(11) Per approfondire il rapporto Fotide-Iside si veda A. Wlosok Zur Einheit der Metamorphosen des Apuleius, in «Philologus», 113, 1969, pp. 72 e segg. Tra le numerose corrispondenze, anche lessicali, la Wlosok sottolinea in particolare quella fra II, 6 e XI, 29: quod bonum felix et faustum itaque, licet salutare non erit... – dove Lucio si riferisce al suo rapporto con Fotide - e quod felix itaque ac faustum salutareque tibi sit – dove la divinità, parlando a Lucio in sogno, si riferisce alla iniziazione al dio Osiride.

(12) Per il nome di Fotide si veda S. Lancel, op. cit., p.33.

(13) In Aspects of the Ancient Romance and its Heritage, Meisenheim am Glan 1969 p. 62, A. Scobie cita solo un raro Photus.

(14) Cf. A. Carotenuto Le rose nella mangiatoia. Metamorfosi e individuazione nell’Asino d’oro di Apuleio Milano 1990, p. 65.

(15) A. Scobie, op. cit., p. 63.

(16) Come P. Beroaldus in Commentarii a Philippo Beroaldo conditi in Asinum Aureum Lucii Apulei 1500 Bologna, ripreso da Scobie, op. cit., p.63: Photis apò to photòs ... tamquam esset lucida puella, et ardescens in Venerem.

(17) Cf. N. Fick Art et Mystique dans les Metamorphoses d’Apulée, Paris 1991, pp. 203 e ss.

(18) Alle stesse conclusioni giunge N.Fick che, facendo il punto sulle diverse interpretazioni, conclude: “Toutes ces interprétations s’accordent sur un point: Photis représente une lumière fallacieuse”, op. cit., p. 324.

(19) Non è casuale che con le stesse espressioni Lucio si rivolgerà, in un clima spirituale completamente diverso, a Iside (XI, 24): Paucis dehinc ibidem commoratus diebus inexplicabili voluptate simulacri divini perfruebar, inremunerabili quippe beneficio pigneratus. Per un ulteriore sviluppo su questo argomento si veda A. Woslok, op. cit., pp. 79 e segg., in particolare nota 6 e 7.

(20) Cf. nel secondo capitolo il paragrafo mutuo nexu.

(21) Cf. V. Schmidt Met. III 15. Die Einweihung in die Falschen Mysterien, in «Mnemosyne» 35, 1982, p. 269 e ss. Il segreto e il silenzio sono fondamentali nelle due iniziazioni: III, 15 ne sermonis elapsi profana petulantia committam grande flagitium... simplicitatem relationis meae tenacitate taciturnitate tuae remunerare... sacris pluribus initiatus profecto nosti sanctam silentii fidem e in XI, 22 A curiositate profanorum ... intentus miti quiete et probabili taciturnitate... semotis procul profanis... Già A. Wlosok, op. cit., p.78, aveva parlato di «die falschen Einweihung».

(22) Cf. N. Fick, op. cit., p.219.

(23) Ed ecco invece la vera Venere (IV, 30): Haec honorum caelestium ad puellae mortalis cultum immodice translato verae Veneris vehementer incendit animos, et impatiens indignatione capite quassanti fremens altius sic secum disserit: “En rerum naturae prisca parens, en elementorum origo initialis, en orbis totius alma Venus, quae cum mortali puella partiario maiestatis honore tractor, et nomen meum caelo conditum terrenis sordibus profanatur”. La figura di Venere della favola di Eros e Psiche si sovrappone alla Iside di Lucio che si era presentata in XI, 5 : En adsum tuis commota, Luci, precibus, rerum naturae parens, elementorium omnium domina, saculorum initialis progenies... Troviamo echi che ricordano la Venere lucreziana. Cf. R Merkelbach Roman und Mysterium in der Antike, op. cit., p. 8 nota 4 e P.G. Walsh The Roman Novel, op. cit., p.55.

 (24) P.G. Walsh (op. cit, p.200 n. 4), riconosce nella bellezza offesa di Venere un motivo comune dei “folk-tales”: “Venus in thust cast in the role of the folk-tales quenn whose hitertho peerless beauty is excelled by that of the simple maiden like Snow-white.” Fra i temi classici possiamo ricordare Chione uccisa da Artemide (Ov, Met., XI, 29) e Side, moglie di Orione, precipitata da Era nel Tartaro.

 (25) Si veda il nostro commento relativo alla caeca et prorsus exoculata Fortuna di VII, 2 nel capitolo precedente.

 (26) Cf. P. Grimal Apulée Metamorphoses IV, 28-VI, 24 Presses Universitaires de France, 1963, p. 21.

 (27) Cf. Plato. Symposius, 182 a.

 (28) Notiamo come nei codici la forma flagrans è usata senza sostanziale differenza accanto a quella fraglans.

 (29) Basandosi su questi elementi R. Merkelbach trova sostegno alla sua tesi, secondo cui Eros sarebbe da identificarsi con Horos: nella simbologia egiziana Horos rappresentato come un drago con la testa di falco. Cf, op. cit., p. 11 e nota 2.

 (30) Per un ulteriore approfondimento circa la identificazione Eros-serpente si veda N. Fick Du palais d’Eros la robe olympienne de Lucius, in REL, 47, 1969, pp. 387 e segg. La Fick sottolinea come l’immagine del serpente ritorni nei Dracones Indici e nei grupes Hyperborei della Olympica stola (XI, 24).

 (31) Per l’uso arcazzante che Apuleio fa di ignobilis, come ignotus, cf. P. G. Walsh, op. cit., p. 204 nota 1. Si trova fra gli altri anche nello Pseudolus, v.529.

Per il problema generale dello stile in Apuleio cf. anche C. L. Facchini Tosi, Forma e suono in Apuleio, in Vichiana 1986, pp. 99-168, che amplia le osservazioni già  di Traina Vel uda vel suda (Apol. 16), in M.D., 16, 1986, p. 147 e ss.

 (32) Cf. N. Fick, op. cit., p. 287.

 (33) Cf. anche G. Mazzoli, art. cit., p.99.

 (34) Cf. N.Fick, op. cit., p. 331 e ss.

 (35) Cf. N. Fick, op. cit., p. 284.

 (36) Cf . J. G. Griffiths, op. cit., pp. 296 e ss.

 (37) Cf. P. G. Walsh, op. cit., p.192 per un ulteriore confronto fra la iniziazione di Lucio e il somnus infernus ac vere Stygius di Psiche.

 (38) Cf. R. Bultam, Zur Geschichte der Lichtsymbolik in Altertum, in Philologus, 97, 1948, in part. p. 35.

 (39) La follia di Psiche continua: poco oltre, nello stesso capitolo, essa ci appare iamque lassa, salute defecta... dum saepius divini vultus intuetur pulchritudinem, recreatur animi e poi al capitolo seguente bono tanto percita, saucia mente fluctuat...

Su questo punto cf. N. Fick, op. cit., p. 201.

 (40) Si veda su questo punto M.C. Marin Ceballos, art. cit., p. 147: “Nada puede hacerse sin que ella lo haya ordenado, pues se expondría uno a la muerte... como diosa todopoderosa que reina tanto en el cielo como en inferno lo mismo puede salvar que condenar”.

 (41) Cf. S. Lancel, op. cit., p. 43 e ss.

 (42) Cf. R. Merkelbach Eros und Psyche, in «Philologus» 101, 1958, p. 113 e ss.

 (43) Cf. N. Fick. op. cit., p. 200 e ss.

 

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