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Patrizia Frachelle, D’Odisseo e di molto altro ancora, ed. Pagine, Roma 2014

 
L’autrice rivive le proprie esperienze letterarie, di testi classici e moderni, Omero i tragici Dante ma anche Pavese Buzzati o cantautori, in una personale scrittura poetica. Si percepisce che il suo approccio ai testi e ai miti non è accademico o antropologico o psicologico, ma filtrato attraverso la sua vita e il suo lavoro d’insegnante, che le ha mostrato come comunicare e comunicarsi attraverso musicalità e bellezza. Fra i molti temi presenti il più ricorrente è quello dell’attesa, che accomuna Odisseo come Calipso, Penelope come Pavese. Scegliamo alcuni versi della poesia Argo il cane d’Odisseo (pag. 16-17):

E s’alza il sole nel cielo / ma tu non te ne lasci riscaldare / sempre hai nella testa qualche pensiero / senza ordine ti muovi / senza ordine la sera ti sdrai / e poi t’alzi a un’altra alba stancamente…A te non basta il pensiero / come fuoco ardente che non brucia / tu non sai non sai / a te serve ch’Odisseo torni / dal suo troppo lungo viaggio / e ti venga a cercare / lì tra il letame dove stai adagiato / tra le pulci che mordono odiose / e con un fischio che tu solo conosci / di lontano ti chiami /improvviso / come allora / sì come allora.

A differenza dell’amato Pavese, da cui è tratta la citazione iniziale, l’attesa per Argo - lo sappiamo perché il mito ci apre al dopo -  si compirà: non gli è sufficiente il ricordo (come hai potuto scordare / la regale tua dignità) né l’attesa come valore in sé anche senza compimento, ma deve riaccadere il richiamo noto dell’atteso.

 


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