2009-2. Editoriale.
 

 

 

 

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2009-2

  

Mentre scriviamo l’applicazione della riforma Gelmini alla secondaria di II grado non sembra sicura. Pensiamo ai molti studenti (e alle loro famiglie) che attendono di iscriversi e che vedono rinviata la data di scadenza: a che cosa si iscriveranno alla fin fine? E che dire delle moltissime sperimentazioni di ogni genere la cui sorte precaria aspetta la conclusione?

Nel frattempo vediamo con molta perplessità che in vari licei classici il (prossimo?) inizio della riforma sta suscitando sgomento e discussioni. La nostra perplessità nasce dal fatto che (parturiunt montes, ma ci va bene!) le modificazioni rispetto allo stato attuale sono pochissime e ben inserite in un contesto funzionante. La riduzione di inglese, in relazione alla sperimentazione diffusa a livello nazionale nelle modalità imposte dal ministero e non decise dal singolo istituto, è certo un fatto grave: ma capiamo che il ministero difficilmente poteva togliere ore ad altre materie, una volta deciso un tetto; e ha fatto la scelta apparentemente più indolore, togliendo ore ad una materia che, come l’isola di Peter Pan, “non c’è”. Un escamotage discutibile, certo. Tuttavia ribadiamo (l’abbiamo detto già molte volte, e riteniamo di essere al disopra del sospetto di persecuzione degli anglisti, dopo tanti appelli ai politici di cui abbiamo dato notizia) che i docenti di lingua non si sono adeguatamente, o non si sono per nulla, attivati per sostenere la loro classe di concorso e la loro disciplina; non si vede perché dovrebbero aspettarsi ora che altri docenti, altre classi di concorso e altre discipline si facciano cortesemente da parte per loro.

A maggior ragione il discorso vale per tante minisperimentazioni. Che spariscano storia dell’arte, o diritto, o quant’altro, dal biennio può dispiacere o meno: ma che si faccia passare questo come la sottrazione di posti di lavoro è scorretto politicamente e sindacalmente. Stiamo attenti a non farci ingannare.

Soprattutto stiamo attenti ai tentativi di utilizzare la questione del 20/30 % per ridurre le materie classiche. Sembrerebbe quasi che ci venga chiesto per favore, o in modo più perentorio, di rinunciare ad un privilegio. Perché mai dovrebbe essere un privilegio la specificità della scuola in cui insegnamo? E in fondo in fondo: crediamo davvero al valore educativo e culturale delle nostre materie? O le consideriamo uno sfizio nostro, a cui possiamo generosamente tagliare qualcosa? Ma che scuola hanno scelto i nostri studenti? Che materie hanno scelto? Che inganno intendiamo fare loro?

Diremmo di più: attenti alla risistemazione delle classi di concorso. In alcune città esiste già di fatto, prima che il ministero si sia mosso: la 051 si completa al biennio, con le materie per cui ha l’abilitazione. E’ una perdita per la 052, questa sì sindacalmente scorretta, per non parlare della preparazione dei docenti, culturale e pedagogica: insegnare al biennio è altro che insegnare al triennio, se non se ne ha l’abitudine e la competenza.

Chiediamo infine ai docenti dei licei scientifici una riflessione sugli aspetti più rilevanti della riforma del loro tipo di scuola: vorremmo sollecitare giudizi e progetti.

      

 

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