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PASTORALE DEL MAGNIFICO CONTE DI SCANDIANO MATHEO MARIA BOIARDO

 

 

Egloga 10
 

Ne l'ultima parla lo auttore e canta Orfeo el panagirico de lo incomparabile Signor Duca de Calabria.
 

     Sorge, Aretusa, e fonde ogni tua vena Boiardo (ritratto da un'edizione del XVI sec.)
 ché l'alta fonte che è tra Cirra e Nisa
 non bastarebe a tanta empresa apena.
     Questa matera che mia mente avisa,
 fuor de gli usati paschi è da cantare
 cum meglior voce e versi de altra guisa.
     Venite, belle Ninfe, ad ascoltare:
 or non vi narrerò le pome de oro
 che fér nel corso Ippomene avanzare;
     né porò l'Orse tra le stelle in coro,
 nì vi dirò di Crete il labirinto,
 nì quel di Tebe o qual fo più lavoro;
     o come fosse da Poluce vinto
 Bebrida al cesto, o le Arpie spenachiate,
 e ciò che ogni poeta ha già dipinto.
     Dir non voglio io queste opere vulgate,
 ma la virtute splendida de un duce
 qual non ha pari in questa o in altra etate,
     se quello inmenso affetto che me aduce
 a narrar opra sì sublime e grave
 me confonde gli ochi in tanta luce.
     Quei che passarno cum la prima nave
 eber cum sieco il bel figlio di Febo,
 qual fo nel canto più che altri soave:
     colui, dico io, che da il dolente Erebo
 tornò sonando, e da le Bacce occiso
 fo, sendo ancora giovene ed efebo.
     Questo cum dolce voce e cum bel viso
 piegava e' scogli e facea stare il vento,
 movea le piante a pianto e i saxi a riso,
     passando per la spiaggia lento lento,
 là dove le Sirene a dolci versi
 faceano in zoglia altrui morir contento;
     e ' naviganti tuti eran già persi
 né si potean sé stessi contenire,
 ma il volto e i remi al canto avian conversi.
     Alor comenciò lui suo canto a ordire
 cum tal dolcezza che ogni mente oblitera
 e la Sirena taque per odire.
     Rimena il plectro de oro in su la citera
 e cum le corde acorda la sua voce,
 e il mare e il monte intorno la reitera.
     E cerco a lui vi avea delfini e fòce,
 cèto né altro monstro al fondo resta,
 ma ciascun trage al canto più veloce.
     Tuti del mare avean sorta la testa
 e ciaschedun più presso ascoltar vole
 la cantilena, ch'a quel suon fo questa:
     - Eo vedo ussir da lo occidente un Sole,
 se Apollo a me, suo figlio, il ver predice,
 che ascende ove questo altro scender sòle,
     e fermarasse in su questa pendice
 che ora vedeti avanti sì diserta,
 ma fia più ch'altra nobile e felice.
     Poi che sarà la Vergine scoperta
 e ritrovata a quella sepoltura
 da gente nova e da abitare incerta,
     longo quel litto sorgeran le mura
 di quella alma cità, qual di vageza
 e de alta fama non avrà misura:
     né ciò dico per possa o per vechieza,
 per soperbi edifici o per bel sito,
 o per sua gente a le virtute aveza,
     ma perché il novo Sol de Spagna ussito,
 poi che avrà lustregiato tuto il mondo,
 fermarà la sua luce in questo lito.
     Da le superne stelle al mar profondo
 la terra sonerà del primo *Alfonso*,
 e seconderà il nome nel secondo.
     Né fia di Delfo oraculo o responso
 la gloria di costui, ma tanto chiara
 quanto di raggi ha Febo il capo intonso.
     Natura generosa che rippara
 in regal sangue alcun lignaggio antico,
 in altra stirpe più non se rischiara;
     nì Atalarico già nì Rodorico,
 che a quest'inclita iesta son di sopra,
 oguagliar se potrano a quel che io dico.
     Vedeti che a sì grande e nobil opra,
 quale è produtta per cotanti onori,
 par che ogni stella il bel viso discopra;
     vedeti il mondo ornato a rose e a fiori,
 e il mar tornato di sapor di mèle,
 spirar il vento de cinamo odori;
     tigri e serpenti e ogni animal crudele
 rari sarano, e se qualcun ne fia,
 sarà senza veneno e senza fele.
     Come fia nato, a lui per compagnia,
 sarà donato Amor cum gli ochi aperti
 e Gentilezza e Ardire e Cortesia;
     né sarano a sue guanze e' pel scoperti
 che de lui s'oderà non dico segno,
 ma prove d'uom compiuto e fatti experti.
     A la difesa del paterno regno,
 quasi fanciullo, ov'è Troia minore
 di cotal parte si mostrarà degno.
     Non crescerà suo triunfal onore
 com'altri a poco a poco, ma ad un ponto
 darà per tuto subito fulgore.
     La bellica prodezza ch'io ve conto
 fia tuta sieco, e non sarà divelta
 sinché fia al cielo in anima ragionto.
     E come il Mauro ha l'asteciola inselta
 e quel di Baleare ha la sua fronda,
 il Scita l'arco e Amazone la pelta,
     così parrà che ogn'arte a lui risponda,
 non sol che s'usi ma pensar si possa,
 per opra di bataglia in terra e in onda.
     Talor giocando a scudo ed asta grossa
 farà di sé tal mostra che ciascuno
 se stupirà di sua destrezza e possa.
     Coteste lodi che cantando aduno
 non son la summa di virtute tanta,
 ma qual in bella donna è l'ochio bruno;
     e qual è fior vermiglio in verde pianta,
 in monil d'oro il lucido carbone,
 tal tra tutti altri sol costui si vanta.
     Testimonio è Flaminia e il Rubicone:
 là tra' nemici passarà di volo,
 prendendo il pasto a guisa di falcone.
     Testimonio fia l'Arno e l'alto dolo
 ch'a Puoggio Imperial Toscana sente:
 là tanti segni abbaterà lui solo.
     Non fia riparo all'animosa mente
 inexpugnabil colle, e ogni altro loco
 sempre di contrastarlo al fin si pente.
     Ma d'ognor quel ch'è fatto a lui par poco,
 e più richiede sua virtude accesa,
 spirando ad alto sempre come foco.
     Mirate Italia, che si sta difesa
 sotto al suo scudo e senza altra vigilia,
 senza altra guarda a sì stupenda impresa.
     Dal mare Eusino a' jogi di Panfilia,
 e ciò ch'è tra l'Eufrate e tra il Danubbio
 ne ven armato al Regno di Sicilia;
     e se non rompe a sì gran tela il subbio
 e sì gran tramma quel duca sicuro,
 perduta è Italia e non ne faccio dubbio.
     Ma che dico io? quei barbari non curo,
 ché già di salto a l'alte terre in cima
 e già d'Otrànto il veggio sopra al muro.
     Sagite foco e folgore non stima,
 né quella gente oribil e legera
 tra la qual Marte sua sede ebbe in prima.
     O gentil alma nobil ed altera
 ch'a tua prodezza non trovi confino,
 a maggior fatti drizza la bandiera.
     Già il Mencio, lo Oglio, Pado, Ada e Tesino
 a te fan riverenza, e il bel paese
 qual chiude l'Alpe, il mare e l'Apenino.
     Là farai l'opre grande e sì distese
 che bisogno non è ch'io le ricorde,
 quando in sé stesse fien chiare e palese. -
     Cantava Orfeo cum voce e con le corde,
 ma la sua nave non potea star quieta,
 cum tal dolcezza quel canto la morde;
     e tanto è di quel suon zogliosa e lieta
 che verso il ciel adriciava la prora,
 onde più longo il canto li divieta:
     benché gran gesti restavan ancora,
 ma non potendo, al lito periglioso
 voltò la poppa e non fece dimora.
     Ed io nel bosco ormai più star non oso,
 poiché oscurito è per tutto d'intorno,
 gionta è la notte e il tempo de riposo.
     Ma se mia voce, com'io spero, adorno,
 di questo duca l'abito regale
 cum altri versi a dimostrar ritorno,
     pur ch'al disio la possa spieghi l'ale.

 


Nell'immagine: Ritratto del Boiardo da un'antica edizione dell'Orlando innamorato (Venezia )

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